lunes, 9 de marzo de 2009

Kohinoor o muerte

No, señores.

La píldora no liberó a la mujer. ¿El derecho al trabajo?, juaz!, paparruchadas.

¿La libertad sexual?, pura cháchara de algunos degeneraditos.

La Prensa Obrera del Vaticano, el Osservatore Romano, conmemoró el Día Internacional de la Mujer, publicando un artículo de antología:

"¿Qué fue lo que hizo más para la liberación de la mujer occidental en el siglo XX?", pregunta el artículo, escrito por una mujer.

"El debate está caldeado. Algunos dicen que la píldora, algunos que el derecho al aborto y algunos ,que el derecho a trabajar fuera de casa. Otros, sin embargo, osan ir más allá: el lavarropas", responde.

Hay una pregunta que viene rondando la cabeza de este Comando, o del integrante que les escribe, y que teme no caer en un machismo bobalicón que no profesa. Este humilde servidor es incapaz de entender a los asistentes a misa. No entiende a los que van a la mañana, por perderse un placentero domingo mañanero recuperándose de la resaca; ni entiende a los que van a la tarde, perdiéndose de escuchar los partidos, o verlos, o ir a la cancha, o hacer cualquier otra cosa mejor. En definitiva, este cronista no entiende qué motivos hacen que la gente pertenezca a semejante institución, haciéndose cómplice sin comerla ni beberla.

Pero hay algo que no me entra en la cabeza. ¿Qué sentimiento masoquista motiva a las mujeres en especial a pertenecer a una institución que las degrada, las humilla, las pone en un lugar absolutamente secundario?

Repaso rápido: para pertenecer oficialmente a la institución, el lugar más alto al que aspiran es a una ignota monja, ni la posibilidad de subirse al estrado y decirles cosas a los fieles como sacerdotas. Ni pensar en ser una Papa.

La Biblia las acusa de los peores pecados. El mandamiento no desearás a la mujer del prójimo las igualaba con "sus bienes, sus esclavos ni su mula". La mujer se comió la manzana que nos echó del paraíso y nos trajo a este mundo recalentado.

Y, sin embargo, uno ve iglesias llenas de mujeres. Lejos de ser una pregunta machista, este cronista del Comando reivindica el rol de las mujeres en todas las instituciones. Y si no les dan cabida en la Iglesia, vengan para el lado de los infieles. Que ante los ojos del ateísmo, somos todos iguales.




48 comentarios:

ElRuso dijo...

No tengo respuesta, che.

Lo que si me da pie para insistir: http://apostasiacolectiva.org/

Gines conducción.

Anónimo dijo...

¿No habíamos quedado en claro que la apostasía es un documento para presentar en otra religión, por ejemplo para casarse por el Islam?

NO entiendo.

ElRuso dijo...

La apostasía, para decirlo sencillamente, es desbautizarse.

En la página está bien explicado.

Anónimo dijo...

Ginés, no es verdad que la nota se titule como vos decís.

Vos nos enviás a Infobae, que en eso nos mintió. Obvio, cualquier interesado va en un click al original, y lo que encuentra ahí te desprestigia a vos y a nosotros nos desilusiona. Sé serio, dale.

Acá te copio el original, en italiano. Fijate como te dejaste vender gato por liebre:

"
La Chiesa e la rivoluzione femminile - Uguaglianza nella differenza

di Lucetta Scaraffia

Arriva l'8 marzo, festa della donna, buona occasione per riflettere sulla strada percorsa sinora verso l'emancipazione delle donne; in particolare, sul ruolo della Chiesa in questo cammino, ruolo spesso sottovalutato se non addirittura travisato. A uno sguardo superficiale il fatto che la Chiesa cattolica - insieme a quelle ortodosse - continui a negare alle donne l'accesso al sacerdozio sembra infatti costituire una ragione per considerarla un ostacolo al movimento di emancipazione. Al contrario, la Chiesa, custode fedele della tradizione cristiana, ha giocato una parte fondamentale nello spianare la strada all'uguaglianza delle donne. Anche riflettendo sul testo costitutivo del concetto di donna e di uomo nella tradizione occidentale, cioè il libro della Genesi.

Giovanni Paolo II nella Mulieris dignitatem ha infatti accettato l'interpretazione delle origini segnalata come più egualitaria dalle teologhe femministe: quella cioè che insiste sulla creazione simultanea dei due sessi - "maschio e femmina li creò" - invece dell'altra che sottolineava come Eva fosse stata creata in un secondo momento, dono e aiuto per Adamo. In questa seconda interpretazione, in genere prevalente nella storia, si poteva ritenere solo l'uomo creato a immagine di Dio, mentre la donna finiva per essere considerata creata a immagine dell'uomo, quindi a lui inferiore. E in un contesto sociale in cui all'anzianità corrispondeva l'autorità - come dimostra l'iconografia ricorrente di Dio Padre come vegliardo - l'essere stato creato per primo assicurava all'uomo potere sulla donna e, quindi, ristabiliva nella vita sociale quella disuguaglianza messa in pericolo dall'uguaglianza delle anime (considerate non sessuate) che per la prima volta il cristianesimo conferiva alla vita spirituale femminile e maschile.

Ma già l'Incarnazione aveva cambiato in modo definitivo il posto dell'uomo e della donna, come scrive Sylvane Agacinski (Metaphysique des sexes. Masculin/feminin aux sources du christianisme, Paris, Seuil, 2005): "All'origine, è l'uomo, creato per primo, che era situato fra Dio e la donna; con la venuta del Figlio, è una donna che occupa il posto mediano fra Dio e Gesù, l'uomo divino, come condizione della sua Incarnazione". Non solo, dunque, Maria significa una sorta di straordinaria promozione della donna, ma rappresenta l'umanità intera nella sua condizione carnale. Ne deriva pertanto una sorta di femminilizzazione della condizione umana, espressa nel motivo del matrimonio della Chiesa con Cristo, unione spirituale dell'umanità con il Salvatore.

Si tratta di cambiamenti certo non secondari per definire il posto della donna nelle società di matrice cristiana: infatti è la narrazione religiosa, insieme con il mito, a dire il senso della condizione umana e dei suoi conflitti primordiali (come la differenza fra maschile e femminile), a fornire l'interpretazione del mondo o della presenza umana e a rispondere agli enigmi posti dalla nascita, dalla mortalità e dalla fecondità. Per tutti questi motivi i cambiamenti nella concezione della differenza fra maschile e femminile sono ricchi di significato. Se è vero che su queste narrazioni si fonda la spiegazione di base della gerarchia fra i sessi, il cambiamento operato da Giovanni Paolo II è rilevante, anzi, si può dire che costituisca la premessa per tutti gli altri cambiamenti. A questo bisogna guardare, invece di fermarsi alle solite rivendicazioni di potere e affermazione sociale, per tentare un bilancio della rivoluzione in atto.

Tra le questioni di fondo che definiscono il ruolo femminile, insieme a quella religiosa, un posto importante è occupato dalla modalità scientifica con cui una società si spiega il processo naturale della procreazione. Oggi, a un inedito intervento artificiale nell'ambito della procreazione corrisponde un abbandono della concezione dell'umanità come sessuata, divisa fra donne e uomini: se il concepimento può essere opera di uno scienziato in un laboratorio, la differenza tra maschile e femminile sembra perdere rilievo, e si afferma di conseguenza il principio del gender che, nel tentativo di assicurare la tanto sospirata uguaglianza fra i sessi, ne nega la differenza.

La Chiesa cattolica, che ha reinterpretato il racconto della creazione per cancellare la differenza gerarchica fra i sessi, si oppone con fondatezza e con ragione alla teoria artificiosa del gender - come ha fatto nel 2004 la Congregazione per la Dottrina della Fede nella lettera sulla collaborazione fra donne e uomini - e difende la possibilità di una uguaglianza nella differenza, considerando questa differenza come dono di Dio all'umanità. Oggi, nella ricorrenza dell'8 marzo, è bene chiarire l'importanza primaria dell'apporto della Chiesa anche in questa rivoluzione che sta cambiando il mondo.


(©L'Osservatore Romano 8 marzo 2009)"

Anónimo dijo...

¿Y para qué te vas a desbautizar, Ruso, si no creés que tenga efecto???

Anónimo dijo...

Es cierto, Ginés, el artículo no dice absolutamente nada de lo que vos decís. Puro invento de INFOBAE. Ginés, sos el comandante, confío en vos, no te dejés engañar más así.
Mary

Anónimo dijo...

Cierto Ginés es toda mentira. Si vos caées que nos queda. Cuidate gordo querido no te confiés en los diarios.

ElRuso dijo...

Para que quiero desbautizarme?
Brevemente.
Para que Ratzinguer y Aguer no hablen en nombre.
Para que el Estado no sostenga el culto católico, plata que despues es usada en pagar abogados defensores de pedófilos y sueldos de capellanes que santifican las armas de genocidas.

Anónimo dijo...

Pero Ruso, ni Ratzinguer ni Aguer te dan pelota, despreocupate. Te necesitamos en cosas más serias.
Y el Estado argentino hace mucho que no sostiene el culto católico, salvo dos o tres boludeces. ¿En qué mundo vivís? Ni Rivadavia ni Rosas eran religiosos pero sabían política. ¿Vos querés hacer la revolución o no?

Anónimo dijo...

Perdón que me meta, pero Ruso, ya con las armas que tenemos no hace negocio ni un punga. Menos industria ni invasión a Entre Ríos.

¿Y mientras la gente pasa hambre y no tiene laburo ni capacitación ni salú, co tu campaña para desbautizarte vos querés sacar un certificado que sirve para presentar al ayatolla Khomeini y que te case con una turca, con el propósito de eliminar acá hasta los ejércitos populares?

No jodas. Me parece que estás pirado, pibe

Horacio dijo...

no le habrán querido decir lavarropas a nuestro líder intentando descalificarlo y burlarse por la falta de estilización de su figura?

Comandante Cansado dijo...

Anónimo: las listas de bautizados le sirven a la iglesia para pedir subsidios; si estás bautizado, contás como católico. ¿Realmente no lo sabías, o te hacés el ignorante a propósito?

Compañero Ginés González García dijo...

El Comando pide disculpas por la inexactitud y ya borró el título.

Sin embargo, sigue preguntándose por el desprestigio y la humillación que sufren las mujeres en dicha institución.

Anónimo dijo...

Soy mujer, no soy machista y no tengo religión........salvo la adoración incondicional al LAVARROPAS AUTOMATICO. Eso me salvó de todo lo malo y lo terrible de este vil mundo. Y me dejo tiempo para internet y militar junto a los K.
SEPARACION DE LA IGLESIA DEL ESTADO.
No más curas pagados por todos , que los mantengan sus seguidores

Anónimo dijo...

Al comandante Cansado:

¿De dónde sacaste que la iglesia recive todavía subsidios?

No seas anarcofacilonguista, no seas.

Ya no recibe ninguno, en tanto culto (sí tiene privilegios donde creer en el transmundo es necesario para promover el dar la vida en batalla, o donde le pagan parcialmemnte servicios que presta como por ejemplo mantener un colegio que si no el estado tendría que pagarlo cien por ciento).

Pero, o yo estoy loco, o vos estás muy muy atrasado. La iglesia ya no recibe subsidios.

Mucho menos por papeles unilaterales, como los registros parroquiales.

Esos mamotretos no están ni nunca van a estar digitalizados, sirven como fuente para historiadores (ojo, a no quemarlos que a vecen ayudan para probar alguna circunstancia de interés particular) y de ninguna manera originan recursos, ni siquiera con el papel aumentado a sesenta centavos por kilo que pagan en Capital a los "recolectores privados", como dicre Macri.

Compañero Cansado, no seas diletante. Ponete las pilas; un fuerte abrazo,

Comandante Cansado dijo...

Querido Anónimo: gracias, me hace verificar mi información.

Efectivamente, a diferencia de lo que sucede en España, los aportes que recibe la Iglesia no están sujetos al número de fieles (de ahí que el movimiento pro-apostasía resulte mucho más molesto allí para la Iglesia). Pero la Iglesia si recibe aportes desde 1822, a raíz de la suspensión del cobro del diezmo por parte de la misma.

Con respecto a los epítetos que me regala, que no me ofenden: mejor diletante anarcofacilonguista que anónimo profesional, muchacho.

Anónimo dijo...

Comandante Ginés, ¿por qué te inquietas?

¿Por qué sigues preguntándote por el desprestigio y la humillación que sufren las mujeres en dicha institución?

Si ellas no se quejan.

O bien les gusta, o bien no existe ese desprestigio y humillación que vos suponés que sufren las mujeres en dicha institución.

¿No serás vos, che Comandante, como los progresistas que quieren vendernos tecnología que nos estropea la vida tradicional y nos saca guita para transferírsela a ellos mismos? Porque ellas no quieren progresar.

Che Comandante, me hacés acordar a un amigo muy preocupado por la cópula.

Sufría horrores y se inquietaba mucho por las pobres mujeres que tienen que poner la vagina, y a veces el ano, para satisfacer las lujurias de los varones.

¿Te imaginás si ese atroz destino nos tocara a nosotros, Ginés?

Mi amigo no podía vivir ante tanta injusticia. ¡Pobrecitas!

Y quiso iniciar un movimiento para liberar a las mujeres de esa servidumbre sexual.

No. No sé cómo le fue.

Pero vos no sigas preguntándote por el desprestigio y la humillación que sufren las mujeres en dicha institución, che Comandante.

Más vale preocuparnos de Chiche y las Manzaneras, huestes que el Innombrable 2 acaba de soltarnos para hacernos perder las elecciones.

Gran abrazo peronista,

Anónimo dijo...

Querido Comandante Cansado,

De ninguna manera tuve intención de ofenderlo; a lo sumo, de picarlo un poco con buena onda, para hacerlo cambiar de hápax legómenon.

En la Argentina, la iglesia tampoco recibe más los aportes por el asunto de 1822. Este no consistió en la suspensión del cobro del diezmo por parte de la misma, sino en la confiscación de bienes papales por Rivadavia cuando las relaciones con Roma estaban interrumpidas, porque Roma favorecía la restauración y, ante de la revolución (o motín, como prefiera) de Riego favoreció los sectores prorreconquista militar de América.

Esa cuestión quedó arreglada en 1837. Roma renunció a todo subsidio nacional argentino en 1966.

Muy cordialmente,

Comandante Cansado dijo...

Interesante, Anónimo. Y no me ofendo, no se preocupe. Pero algo no me queda claro: ¿qué pasa con la obligación del Estado de sostener al culto católico, como consta en la Constitución? ¿Ya no tiene cumplimiento efectivo?

Cordiales saludos.

PS: no sea haragán y tómese el trabajo de pnerse un nick, que no es el único Anónimo del universo y ni siquiera de este post.

Comandante Cansado dijo...

Y no entiendo por qué le molesta tanto ( si es usted el primer anónimo que discutió con el Ruso; si es así, mejoraron su escritura y sus modales) la apostasía: es una manera pacífica de gente de origen católico de manifestar contra una institución que ya no los representa y contra sus políticas. Así que repito: ¿por qué le molesta tanto?

Cordialísimamente.

Anónimo dijo...

No, don Cansado, no lo tiene.

Hay un libro muy interesante de 2008, que publicó el Diálogo Interreligioso con dinero de la Fundación Adenauer (haciendo el mismo laburo anticlerical progre, pero como trabajo interno) con toda la historia del derecho eclesiológico argentino provincial y nacional. Narra muy este tema. Aquella partida, que antes de 1966 había llegado a ser muy pequeña, ya no figura en el presupuesto anual de la nación.

Lógico, muy poca plata para tanta contrapartida.

PS: ¿Que me ponga un apodo para que no conozcan mi apodo? Hombre, si yo uso un solo apellido y es el mismo que el del Comandante Ginés. Pero bueno, si usted escoge bis, tris o tetrakis legomena me comprometo a usar el irreconocible pseudónimo de una terrible tribu urbana: Los González.

.... con gran gusto de saludarlo.

Anónimo dijo...

No, yo no era aquel anónimo.

Pero como el chanchito, soy Práctico: ¿a qué pagar aranceles a la iglesia pidiendo un desbautizo? ¿O es por si me caso con una bailarina gorda de la danza del vientre?

Ajenjo dijo...

¿Notaron que no hay ningún mandamiento que diga "no desearás al marido de tu prójimo" ni otro que diga "no desearas al hijo de tu prójimo ni a ningún niño"? Claro, tampoco hay ningún mandamiento que diga que la ropa también la puede lavar el hombre.

Definitivamente, la única iglesia que ilumina es la que se prende fuego.

Anónimo dijo...

¡¡¡¡¡¡¡¡¡¡¡¡¡¡¡ MACHISTA !!!!!!!!!!!!!!!

¿QUé LE VES DE MALO A LOS MARIDOS AJENOS?

A VOS NO TE GUSTAN, A Mí Sí
♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

Anónimo dijo...

¿Quién es el Padre Grassi?

El Padre Julio César Grassi es un sacerdote católico que en su vida se fijó una meta clara: Rescatar a los chicos de la calle.

Desde los 14 años mostró su preocupación por la gente más necesitada y comenzó a trabajar en las villas del Partido de Lanús asistiendo a chicos, ancianos, enfermos y discapacitados.
Luego de misionar a los 16 años en El Calafate, Provincia de Santa Cruz, decidió ser sacerdote y al año siguiente ingresó al Seminario Salesiano.

Al tiempo que inició sus estudios de Filosofía comenzó a trabajar con los chicos de la calle en las estaciones de trenes y subterráneos de la Ciudad de Buenos Aires y en diversos barrios carenciados del conurbano, a los que fue convocando para el catecismo y para desarrollar actividades deportivas que los integraran y contuvieran. Volcó muchos esfuerzos para lograr el acercamiento de los hijos de los enfermos de lepra con sus padres.

En octubre de 1987 se ordenó sacerdote eligiendo el lema "Padre de los que no tienen padre".

En forma complementaria a las distintas responsabilidades que se le confiaron siguió trabajando intensamente con los chicos en situación de riesgo, lo que lo llevó a crear la Fundación Felices los Niños y a poner en marcha una Obra inmensa que asiste a niños y jóvenes con abrigo, comida, educación, techo, salud y formación espiritual.

En los últimos tiempos su Obra se convirtió en un signo de contradicción entre la gente: una gran Obra con una pesada cruz de acusaciones endebles pero gravísimas en contra del Sacerdote.

Debe usar ahora también su fuerza para sobrellevar el peso de una injusticia que por mediatizada se hace más fuerte y áspera, en vez de poder concentrarla para construir y llevar adelante Hogares y Escuelas para los niños que menos tienen. Hay quienes lo apedrean con acusaciones y quienes lo defienden tenazmente contra viento y marea, especialmente los chicos y jóvenes de la Fundación, que nunca creyeron estas calumnias.

A pesar de tanto viento en contra la Obra siempre siguió adelante y su Fundador continúa trabajando y dando todo su esfuerzo para que los niños sean felices.

Horacio dijo...

grasss grasssss grassssss ♪♪♫

Anónimo dijo...

CARTA DE BENITO XVI DE HOY A TODOS LOS OBISPOS DEL MUNDO, SOBRE FSSPX


Papal Letter about the Lifting of the SSPX Excommunications - the Letter Itself
by Gregor Kollmorgen



Here, now, is the full text of the Pope's letter regarding the lifting of the SSPX excommunications itself, which has already been published in the most prestigious and reliable German newspaper Frankfurter Allgemeine Zeitung, in an NLM translation:


Dear brethren in the Episcopal ministry!

The lifting of the excommunication of the four bishops ordained by Archbishop Lefebvre in 1988 without a mandate of the Holy See has led, both within and outside the Catholic Church, for a variety of reasons, to a discussion of such vehemence as we had not experienced for a long time. Many bishops felt at a loss before an event which came unexpectedly and could barely be integrated positively among the questions and tasks of the Church of today. Although many pastors and faithful were willing in principle to value positively the Pope's desire for reconciliation, against this was the question of the appropriateness of such a gesture, given the real urgency of a believing life in our time. Several groups, however, accused the Pope openly of wanting to return behind the Council. An avalanche of protests was set into motion, the bitterness of which made injuries visible which transcended the moment. Therefore I feel pressed to address to you, dear brethren, a clarifying word, which is meant to help to understand the intentions which have guided me and the competent organs of the Holy See in this step. I hope in this way to contribute to peace in the Church.

One mishap for me unforeseeable, was the fact that the Williamson case has superimposed itself on the remission of the excommunication. The discreet gesture of mercy towards the four bishops ordained validly but not legitimately, suddenly appeared as something entirely different: as a disavowal of the reconciliation between Christians and Jews, and therefore as the revocation of what in this area the Council had clarified for the way for the Church. The invitation to reconciliation with an ecclesial group separating itself had thus become the opposite: an apparent way back behind all the steps of reconciliation between Christians and Jews which had been made since the Council and which to make and further had been from the outset a goal of my theological work. The fact that this superposition of two opposing processes has occurred and has disturbed for a moment the peace between Christians and Jews as well as the peace in the Church I can only deeply regret. I hear that closely following the news available on the internet would have made it possible to obtain knowledge of the problem in time. I learn from this that we at the Holy See have to pay more careful attention to this news source in the future. It has saddened me that even Catholics who could actually have known better have thought it necessary to strike at me with a hostility ready to jump. Even more therefore I thank the Jewish friends who have helped to quickly clear away the misunderstanding and to restore the atmosphere of friendship and trust, which - as in the time of Pope John Paul II - also during the entire time of my pontificate had existed and God be praised continues to exist.

Another mishap which I sincerely regret, is that the scope and limits of the measure of 21 January 2009 have not been set out clearly enough at the time of the publication of the procedure. The excommunication affects persons, not institutions. Episcopal consecration without papal mandate means the danger of a schism, because it calls into question the unity of the Bishops' College with the Pope. The Church must, therefore, react with the harshest punishment, excommunication, and that is to call back the persons thus punished to repentance and into unity. 20 years after the ordinations this goal has unfortunately still not been achieved. The withdrawal of the excommunication serves the same purpose as the punishment itself: once more to invite the four bishops to return. This gesture was possible after the affected had expressed their fundamental recognition of the pope and his pastoral authority, albeit with reservations as far as obedience to his magisterial authority and that of the Council is concerned. This brings me back to the distinction between person and institution. The releasing of the excommunication was a measure in the field of ecclesial discipline: the persons were freed of the burden of conscience of the heaviest ecclesial censure. From this disciplinary level one has to distinguish the doctrinal area. That the Fraternity of Saint Pius X does not possess a canonical position in the Church is not based ultimately on disciplinary grounds but on doctrinal ones. As long as the Fraternity does not possess a canonical position in the Church, its officials do not exercise legitimate offices in the Church. One has therefore to distinguish between disciplinary level affecting the persons as persons, and the level of doctrine, at which office and institution are concerned. To say it once again: As long as the doctrinal issues are not resolved, the Fraternity has no canonical status in the Church and its ministers, even if they are free from ecclesiastical censure, do not exercise in a legitimate way any ministry in the Church.

Given this situation, I intend to connect the Pontifical Commission "Ecclesia Dei", which since 1988 is responsible for those communities and individuals who, coming from the Fraternity of Pius X or similar groups, want to return into full communion with the Pope, in the future with the Congregation for the Doctrine of the Faith. This shall make it clear that the problems now being treated are essentially doctrinal in nature, especially those concerning the acceptance of the Second Vatican Council and the postconciliar Magisterium of the Popes. The collegial organs through which the Congregation works on the questions arising (especially the regular assembly of the Cardinals on Wednesday and the General Assembly every one or two years) guarantee the involvement of the prefects of various Roman congregations and of the worldwide episcopate in the decisions to be made. One cannot freeze the magisterial authority of the Church in 1962 and - this must be quite clear to the Fraternity. But to some of those who show off as great defenders of the Council it must also be recalled to memory that Vatican II contains within itself the whole doctrinal history of the Church. Who wants to be obedient to it [sc. the Council] must accept the faith of the centuries and must not cut the roots of which the tree lives.

I hope, dear brethren, that with this both the positive meaning as well as the limit of the measure of 21 January 2009 is clarified. But now the question remains: Was this necessary? Was this really a priority? Are there not much more important things? Of course, there are more important and urgent things. I think that I have made clear the priorities of the pontificate in my speeches at the beginning of it. What I said then remains my guideline unchangedly. The first priority for the successor of Peter, the Lord has unequivocally fixed in the Room of the Last Supper: "You, however, strengthen your brethren" (Lk 22, 32). Peter himself rephrased this priority in his first letter: "Be ready always to satisfy every one that asketh you a reason of that hope which is in you." (1 Peter 3, 15). In our time, in which the faith in large parts of the world threatens to go out like a flame which can no longer find food, the first priority is to make God present in this world and to open to men the access to God. Not to just any god, but to the God who spoke on Mount Sinai, that God whose face we recognize in the love unto the end (John 13, 1)- in the crucified and risen Jesus Christ. The real problem of our historic hour is that God is disappearing from the horizon of men and that with the extinguishing of the light coming from God disorientation befalls mankind, the destructive effects of which we are seeing ever more.

To lead men to God, to the God speaking in the Bible, is the supreme and fundamental priority of the Church and the successor of Peter in this time. From it then it follows on its own that we have to be concerned for the unity of believers. For their strife, their internal dissent, calls their talking about God into question. Therefore, the effort for the common witness of faith of the Christians - for ecumenism -is included in the highest priority. Then there is also the necessity that all who believe in God seeking peace with each other, trying to become closer to each other, in order to walk, in the different-ness of their image of God, yet together towards the source of light - inter-religious dialogue. Those who proclaim God as love unto the end, must give the witness of love: devoted to the suffering in love, fending off hatred and enmity - the social dimension of the Christian Faith, of which I have spoken in the encyclical "Deus caritas est".

If then the struggle for Faith, hope and love in the world is the true priority for the Church in this hour (and in different forms always), then still the small and medium-sized reconciliations also belong to it. That the quiet gesture of a hand stretched out has become a great noise and thus the opposite of reconciliation, we have to take note of. But now I have to wonder: Was and is it really wrong, also in this case, to go to meet the brother, who "hath any thing against thee" and to try for reconciliation (cf. Mt 5, 23f)? Does not civil society, too, have to try to prevent radicalizations, to bind their possible supporters - if possible - back into the major creative forces of social life to avoid isolation and all its consequences? Can it be entirely wrong to strive for the lessening of tensions and constrictions and to give room to the positive which can be found and integrated into the whole? I myself, in the years after 1988, have experienced how by the return of communities previously separating themselves from Rome the interior climate there has changed, how the return to the great, wide and common Church overcame onesided-ness and lessened tensions, so that now they have become positive forces for the whole. Can a community leave us totally indifferent in which there are 491 priests, 215 seminarians, 6 seminaries, 88 schools, 2 university institutes, 117 brothers, 164 sisters? Should we really calmly leave them to drift away from the Church? I am thinking, for example, of the 491 priests. The plaited fabric of their motivations we cannot know. But I think that they would not have made their decision for the priesthood, if next to some askew or sick elements there hot not been there the love of Christ and the will to proclaim Him and with Him the living God. Should we simply exclude them, as representatives of a radical marginal group, from the search for reconciliation and unity? What will then be?

Certainly, we have long and have again on this occasion heard many dissonances from representatives of this community - pride and a patronizing know-it-all attitude, fixation into onesidedness etc. For the love of truth I must add that I have also received a series of moving testimonials of gratitude, in which was made perceptible an opening of hearts. But should the great Church not also be able to be magnanimous [in German its a play on words: "great Church - great of heart"] in the knowledge of the long wind she has; in the knowledge of the promise which she has been given? Should we not, like good educators, also be able not to hear some bad things and strive to calmly lead out of the narrowness? And must we not admit that also from ecclesial circles there have come dissonances? Sometimes one has the impression that our society needs at least one group for which there need not be any tolerance; which one can unperturbedly set upon with hatred. And who dared to touch them - in this case the Pope - lost himself the right to tolerance and was allowed without fear and restraint to be treated with hatred, too.

Dear brethren, in the days in which it came into my mind to write this letter, it so happened that in the seminary of Rome I had to interpret and comment the passage of Gal 5, 13-15. I was surprised at how directly it speaks of the present of this hour: "Do not make liberty an occasion to the flesh, but by charity of the spirit serve one another. For all the law is fulfilled in one word: Thou shalt love thy neighbor as thyself. But if you bite and devour one another; take heed you be not consumed one of another." I was always inclined to regard this sentence as one of the rhetorical hyperbole which occasionally there are with St. Paul. In some respects it may be so. But unfortunately, the "biting and devouring" is there in the Church even today as an expression of a poorly understood freedom. Is it surprising that we are not better than the Galatians? That we at least are threatened by the same temptations? Right use of freedom? And that we have always to learn anew the first priority: love? On the day on which I had to speak about this in the seminary, in Rome the feast of the Madonna della Fiducia - our Lady of Trust - was celebrated. Indeed - Mary teaches us trust. She leads us to the Son, in Whom we all may trust. He will guide us - even in turbulent times. So at the end I would like to thank from my heart all the many bishops who have given me in this time moving signs of trust and affection, but above all the gift of their prayers. This thank I extend to all the faithful who have shown me during this time their unchanged fidelity to the successor of St. Peter. The Lord preserve us all and lead us on the path of peace. This is a wish that spontaneously rises from my heart, especially now at the beginning of Lent, a liturgical time particularly propitious to inner purification, and which invites us all to look with new hope towards the radiant goal of Easter.

With a special Apostolic Blessing, I remain


Yours in the Lord



From the Vatican, on 10 March

Anónimo dijo...

CARTA DE S.S. BENITO XVI DE HOY A TODOS LOS OBISPOS DEL MUNDO, SOBRE FSSPX


Papal Letter about the Lifting of the SSPX Excommunications - the Letter Itself
by Gregor Kollmorgen



Here, now, is the full text of the Pope's letter regarding the lifting of the SSPX excommunications itself, which has already been published in the most prestigious and reliable German newspaper Frankfurter Allgemeine Zeitung, in an NLM translation:


Dear brethren in the Episcopal ministry!

The lifting of the excommunication of the four bishops ordained by Archbishop Lefebvre in 1988 without a mandate of the Holy See has led, both within and outside the Catholic Church, for a variety of reasons, to a discussion of such vehemence as we had not experienced for a long time. Many bishops felt at a loss before an event which came unexpectedly and could barely be integrated positively among the questions and tasks of the Church of today. Although many pastors and faithful were willing in principle to value positively the Pope's desire for reconciliation, against this was the question of the appropriateness of such a gesture, given the real urgency of a believing life in our time. Several groups, however, accused the Pope openly of wanting to return behind the Council. An avalanche of protests was set into motion, the bitterness of which made injuries visible which transcended the moment. Therefore I feel pressed to address to you, dear brethren, a clarifying word, which is meant to help to understand the intentions which have guided me and the competent organs of the Holy See in this step. I hope in this way to contribute to peace in the Church.

One mishap for me unforeseeable, was the fact that the Williamson case has superimposed itself on the remission of the excommunication. The discreet gesture of mercy towards the four bishops ordained validly but not legitimately, suddenly appeared as something entirely different: as a disavowal of the reconciliation between Christians and Jews, and therefore as the revocation of what in this area the Council had clarified for the way for the Church. The invitation to reconciliation with an ecclesial group separating itself had thus become the opposite: an apparent way back behind all the steps of reconciliation between Christians and Jews which had been made since the Council and which to make and further had been from the outset a goal of my theological work. The fact that this superposition of two opposing processes has occurred and has disturbed for a moment the peace between Christians and Jews as well as the peace in the Church I can only deeply regret. I hear that closely following the news available on the internet would have made it possible to obtain knowledge of the problem in time. I learn from this that we at the Holy See have to pay more careful attention to this news source in the future. It has saddened me that even Catholics who could actually have known better have thought it necessary to strike at me with a hostility ready to jump. Even more therefore I thank the Jewish friends who have helped to quickly clear away the misunderstanding and to restore the atmosphere of friendship and trust, which - as in the time of Pope John Paul II - also during the entire time of my pontificate had existed and God be praised continues to exist.

Another mishap which I sincerely regret, is that the scope and limits of the measure of 21 January 2009 have not been set out clearly enough at the time of the publication of the procedure. The excommunication affects persons, not institutions. Episcopal consecration without papal mandate means the danger of a schism, because it calls into question the unity of the Bishops' College with the Pope. The Church must, therefore, react with the harshest punishment, excommunication, and that is to call back the persons thus punished to repentance and into unity. 20 years after the ordinations this goal has unfortunately still not been achieved. The withdrawal of the excommunication serves the same purpose as the punishment itself: once more to invite the four bishops to return. This gesture was possible after the affected had expressed their fundamental recognition of the pope and his pastoral authority, albeit with reservations as far as obedience to his magisterial authority and that of the Council is concerned. This brings me back to the distinction between person and institution. The releasing of the excommunication was a measure in the field of ecclesial discipline: the persons were freed of the burden of conscience of the heaviest ecclesial censure. From this disciplinary level one has to distinguish the doctrinal area. That the Fraternity of Saint Pius X does not possess a canonical position in the Church is not based ultimately on disciplinary grounds but on doctrinal ones. As long as the Fraternity does not possess a canonical position in the Church, its officials do not exercise legitimate offices in the Church. One has therefore to distinguish between disciplinary level affecting the persons as persons, and the level of doctrine, at which office and institution are concerned. To say it once again: As long as the doctrinal issues are not resolved, the Fraternity has no canonical status in the Church and its ministers, even if they are free from ecclesiastical censure, do not exercise in a legitimate way any ministry in the Church.

Given this situation, I intend to connect the Pontifical Commission "Ecclesia Dei", which since 1988 is responsible for those communities and individuals who, coming from the Fraternity of Pius X or similar groups, want to return into full communion with the Pope, in the future with the Congregation for the Doctrine of the Faith. This shall make it clear that the problems now being treated are essentially doctrinal in nature, especially those concerning the acceptance of the Second Vatican Council and the postconciliar Magisterium of the Popes. The collegial organs through which the Congregation works on the questions arising (especially the regular assembly of the Cardinals on Wednesday and the General Assembly every one or two years) guarantee the involvement of the prefects of various Roman congregations and of the worldwide episcopate in the decisions to be made. One cannot freeze the magisterial authority of the Church in 1962 and - this must be quite clear to the Fraternity. But to some of those who show off as great defenders of the Council it must also be recalled to memory that Vatican II contains within itself the whole doctrinal history of the Church. Who wants to be obedient to it [sc. the Council] must accept the faith of the centuries and must not cut the roots of which the tree lives.

I hope, dear brethren, that with this both the positive meaning as well as the limit of the measure of 21 January 2009 is clarified. But now the question remains: Was this necessary? Was this really a priority? Are there not much more important things? Of course, there are more important and urgent things. I think that I have made clear the priorities of the pontificate in my speeches at the beginning of it. What I said then remains my guideline unchangedly. The first priority for the successor of Peter, the Lord has unequivocally fixed in the Room of the Last Supper: "You, however, strengthen your brethren" (Lk 22, 32). Peter himself rephrased this priority in his first letter: "Be ready always to satisfy every one that asketh you a reason of that hope which is in you." (1 Peter 3, 15). In our time, in which the faith in large parts of the world threatens to go out like a flame which can no longer find food, the first priority is to make God present in this world and to open to men the access to God. Not to just any god, but to the God who spoke on Mount Sinai, that God whose face we recognize in the love unto the end (John 13, 1)- in the crucified and risen Jesus Christ. The real problem of our historic hour is that God is disappearing from the horizon of men and that with the extinguishing of the light coming from God disorientation befalls mankind, the destructive effects of which we are seeing ever more.

To lead men to God, to the God speaking in the Bible, is the supreme and fundamental priority of the Church and the successor of Peter in this time. From it then it follows on its own that we have to be concerned for the unity of believers. For their strife, their internal dissent, calls their talking about God into question. Therefore, the effort for the common witness of faith of the Christians - for ecumenism -is included in the highest priority. Then there is also the necessity that all who believe in God seeking peace with each other, trying to become closer to each other, in order to walk, in the different-ness of their image of God, yet together towards the source of light - inter-religious dialogue. Those who proclaim God as love unto the end, must give the witness of love: devoted to the suffering in love, fending off hatred and enmity - the social dimension of the Christian Faith, of which I have spoken in the encyclical "Deus caritas est".

If then the struggle for Faith, hope and love in the world is the true priority for the Church in this hour (and in different forms always), then still the small and medium-sized reconciliations also belong to it. That the quiet gesture of a hand stretched out has become a great noise and thus the opposite of reconciliation, we have to take note of. But now I have to wonder: Was and is it really wrong, also in this case, to go to meet the brother, who "hath any thing against thee" and to try for reconciliation (cf. Mt 5, 23f)? Does not civil society, too, have to try to prevent radicalizations, to bind their possible supporters - if possible - back into the major creative forces of social life to avoid isolation and all its consequences? Can it be entirely wrong to strive for the lessening of tensions and constrictions and to give room to the positive which can be found and integrated into the whole? I myself, in the years after 1988, have experienced how by the return of communities previously separating themselves from Rome the interior climate there has changed, how the return to the great, wide and common Church overcame onesided-ness and lessened tensions, so that now they have become positive forces for the whole. Can a community leave us totally indifferent in which there are 491 priests, 215 seminarians, 6 seminaries, 88 schools, 2 university institutes, 117 brothers, 164 sisters? Should we really calmly leave them to drift away from the Church? I am thinking, for example, of the 491 priests. The plaited fabric of their motivations we cannot know. But I think that they would not have made their decision for the priesthood, if next to some askew or sick elements there hot not been there the love of Christ and the will to proclaim Him and with Him the living God. Should we simply exclude them, as representatives of a radical marginal group, from the search for reconciliation and unity? What will then be?

Certainly, we have long and have again on this occasion heard many dissonances from representatives of this community - pride and a patronizing know-it-all attitude, fixation into onesidedness etc. For the love of truth I must add that I have also received a series of moving testimonials of gratitude, in which was made perceptible an opening of hearts. But should the great Church not also be able to be magnanimous [in German its a play on words: "great Church - great of heart"] in the knowledge of the long wind she has; in the knowledge of the promise which she has been given? Should we not, like good educators, also be able not to hear some bad things and strive to calmly lead out of the narrowness? And must we not admit that also from ecclesial circles there have come dissonances? Sometimes one has the impression that our society needs at least one group for which there need not be any tolerance; which one can unperturbedly set upon with hatred. And who dared to touch them - in this case the Pope - lost himself the right to tolerance and was allowed without fear and restraint to be treated with hatred, too.

Dear brethren, in the days in which it came into my mind to write this letter, it so happened that in the seminary of Rome I had to interpret and comment the passage of Gal 5, 13-15. I was surprised at how directly it speaks of the present of this hour: "Do not make liberty an occasion to the flesh, but by charity of the spirit serve one another. For all the law is fulfilled in one word: Thou shalt love thy neighbor as thyself. But if you bite and devour one another; take heed you be not consumed one of another." I was always inclined to regard this sentence as one of the rhetorical hyperbole which occasionally there are with St. Paul. In some respects it may be so. But unfortunately, the "biting and devouring" is there in the Church even today as an expression of a poorly understood freedom. Is it surprising that we are not better than the Galatians? That we at least are threatened by the same temptations? Right use of freedom? And that we have always to learn anew the first priority: love? On the day on which I had to speak about this in the seminary, in Rome the feast of the Madonna della Fiducia - our Lady of Trust - was celebrated. Indeed - Mary teaches us trust. She leads us to the Son, in Whom we all may trust. He will guide us - even in turbulent times. So at the end I would like to thank from my heart all the many bishops who have given me in this time moving signs of trust and affection, but above all the gift of their prayers. This thank I extend to all the faithful who have shown me during this time their unchanged fidelity to the successor of St. Peter. The Lord preserve us all and lead us on the path of peace. This is a wish that spontaneously rises from my heart, especially now at the beginning of Lent, a liturgical time particularly propitious to inner purification, and which invites us all to look with new hope towards the radiant goal of Easter.

With a special Apostolic Blessing, I remain


Yours in the Lord



From the Vatican, on 10 March

Anónimo dijo...

AVVISO AI GIORNALISTI - DOMANI


Si informano i giornalisti accreditati che domani, giovedì 12 marzo, sarà resa pubblica la "Lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai Vescovi della Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei 4 vescovi consacrati dall’Arcivescovo Lefebvre".

Il testo sarà distribuito ai giornalisti accreditati alle ore 10.00 nelle versioni in lingua italiana, tedesca, francese, inglese, spagnola e portoghese, con embargo fino alle ore 12.00 del giorno stesso.

Alle 11.30 il Direttore della Sala Stampa, P. Federico Lombardi, S.I., sarà disponibile per un briefing.

Anónimo dijo...

Esto escribe GOLIAS:


Las falsas excusas de Benedicto XVI


Que el papa se sienta obligado a escribirles una carta a los obispos para justificar uno de sus actos, ¡he aquí una novedad! Pero es lo que él no teme hacer para explicar el levantamiento de excomunión de la banda del cuatro.

Él mismo reconoce que esta medida « suscitó en el interior y por fuera de la Iglesia católica una discusión de una vehemencia que no se había visto por mucho tiempo ». Benedicto XVI parece pues muy consciente de la « ola de protesta » que lo acusa de querer dar la espalda al concilio. ¡Hasta aquí los hechos! Resta analizar sus argumentos: el primero concierne a la superposición del caso Williamson con la reconciliación entre los judíos y los cristianos que fue « desde el principio un objetivo de mi trabajo teológico », ha escrito el papa …



No dudamos de eso sino que no podemos creer que él haya ignorado la declaración del obispo negacionista, « aparecida de improviso » y su llamada a una vigilancia mayor de los sitios Internet suena a falsedad. ¿Para defenderse, el papa acusa de incompetencia su diplomacia, reputada como uno de las mejores del mundo? En la misma línea, el segundo punto, el hecho que el Vaticano no ha sabido comunicar exactamente el motivo del levantamiento de la excomunión revela el abismo que existe entre el lenguaje de la Iglesia y el del mundo. Bravo para las encrucijadas de la nueva evangelización. ¡Los católicos mismos no lo habrían comprendido! ¿Pero qué hacen los legionarios de Cristo? El papa los llama también, el tercer argumento, « a la unidad de los creyentes » que tienen como misión « devolver al Dios presente a este mundo ». ¿Pero por qué evocar en la misma frase al « Dios quién habló al Sinaï » y " Jesús crucificado y resucitado "?

Por cierto, se trata de la misma revelación y el papa recuerda así nuestras raíces semitas contra todos los morrasianos pero, para Benedicto XVI, « la unidad de los creyentes » es necesaria porque Dios desaparece del horizonte de la humanidad. ¿Y si el ocultamiento de Dios, por el contrario, fuese una oportunidad para redescubrir al Jesús que limpia el Templo de todos sus ídolos? He aquí una controversia que tenemos con Ratzinger desde hace tiempo …

Los otros argumentos nos parecen más mercantiles: « una comunidad, los Lefebvristas, pregunta al papa, ¿pueden dejarnos totalmente indiferentes » con sus « 491 sacerdotes, 215 seminaristas »? ¿El levantamiento de la excomunión sería pues uno la ocasión de encontrar un semillero de peces? ¿Pero para qué Iglesia? Por otra parte, el obispo de Roma cree que a los que se dicen « defensores del Concilio, se les debe recordar que el Vaticano II porta en sí la historia entera de la Iglesia ».

Por cierto, con tal que no se niegue la especificidad de lo que el Concilio fue en cuanto a la relación con el mundo moderno y la ruptura que ha introducido, no con la Tradición, sino con el praxis eclesiástica del siglo XIX, ¡perspectiva qué no está en absoluto presente en esta carta! Peor todavía, nuestro papa « tiene la impresión de que nuestra sociedad tiene la necesidad de un movimiento para el cual no hay ninguna tolerancia » y que « si alguien se le acerca, como él mismo, pierde también el derecho a la tolerancia y puede ser tratado con odio, sin miedo ni reserva » He aquí la tesis del complot o de la cabeza de turco. ¡El papa sería pues una víctima! ¡De hecho, le esperamos con impaciencia una carta a la muchacha de 9 años violada en Brasil y que acaba de abortar!

Fuente: Golias


ESTO ESCRIBE PANORAMA:

Comentario Druídico: ¡Si quieres evaluar una hecho, atiende al efecto que causa entre tus enemigos! Hemos destacado, en esta impiadosa crítica a la carta de Benedicto, los puntos que el enemigo ve, como él los ve, es decir, como una amenaza al espíritu del Concilio, y tal vez al Concilio mismo. Porque hay un hecho irrefutable: aún en su defensa, el Papa ha admitido la posibilidad de que se deba enmendar la plana al Concilio. Y esto es más de lo que los modernistas pueden tolerar.

El colmo: exigir una disculpa al Papa por la excomunión que fulminó a la madre y al médico y paramédicos que participaron en el aborto los gemelos de la niña brasileña violada por su padrastro...

Anónimo dijo...

SALIO HOY: EXPLICACIONES DEL PAPA A LOS PROGRES

(VERSION OFICIAL, CASTELLANA)

Carta del Santo Padre Benedicto XVI sobre la remisión de la excomunión de los obispos de la FSSPX


CARTA DE SU SANTIDAD BENEDICTO XVI

"A LOS OBISPOS DE LA IGLESIA CATÓLICA
sobre la remisión de la excomunión
de los cuatro Obispos consagrados por el Arzobispo Lefebvre



Queridos hermanos en el ministerio episcopal,

La remisión de la excomunión a los cuatro Obispos consagrados en el año 1988 por el Arzobispo Lefebvre sin mandato de la Santa Sede, ha suscitado por múltiples razones dentro y fuera de la Iglesia católica una discusión de una vehemencia como no se había visto desde hace mucho tiempo. Muchos Obispos se han sentido perplejos ante un acontecimiento sucedido inesperadamente y difícil de encuadrar positivamente en las cuestiones y tareas de la Iglesia de hoy. A pesar de que muchos Obispos y fieles estaban dispuestos en principio a considerar favorablemente la disposición del Papa a la reconciliación, a ello se contraponía sin embargo la cuestión sobre la conveniencia de dicho gesto ante las verdaderas urgencias de una vida de fe en nuestro tiempo. Algunos grupos, en cambio, acusaban abiertamente al Papa de querer volver atrás, hasta antes del Concilio. Se desencadenó así una avalancha de protestas, cuya amargura mostraba heridas que se remontaban más allá de este momento. Por eso, me siento impulsado a dirigiros a vosotros, queridos Hermanos, una palabra clarificadora, que debe ayudar a comprender las intenciones que me han guiado en esta iniciativa, a mí y a los organismos competentes de la Santa Sede. Espero contribuir de este modo a la paz en la Iglesia.



Una contrariedad para mí imprevisible fue el hecho de que el caso Williamson se sobrepusiera a la remisión de la excomunión. El gesto discreto de misericordia hacia los cuatro Obispos, ordenados válidamente pero no legítimamente, apareció de manera inesperada como algo totalmente diverso: como la negación de la reconciliación entre cristianos y judíos y, por tanto, como la revocación de lo que en esta materia el Concilio había aclarado para el camino de la Iglesia. Una invitación a la reconciliación con un grupo eclesial implicado en un proceso de separación, se transformó así en su contrario: un aparente volver atrás respecto a todos los pasos de reconciliación entre los cristianos y judíos que se han dado a partir del Concilio, pasos compartidos y promovidos desde el inicio como un objetivo de mi trabajo personal teológico. Que esta superposición de dos procesos contrapuestos haya sucedido y, durante un tiempo haya enturbiado la paz entre cristianos y judíos, así como también la paz dentro de la Iglesia, es algo que sólo puedo lamentar profundamente. Me han dicho que seguir con atención las noticias accesibles por Internet habría dado la posibilidad de conocer tempestivamente el problema. De ello saco la lección de que, en el futuro, en la Santa Sede deberemos prestar más atención a esta fuente de noticias. Me ha entristecido el hecho de que también los católicos, que en el fondo hubieran podido saber mejor cómo están las cosas, hayan pensado deberme herir con una hostilidad dispuesta al ataque. Justamente por esto doy gracias a los amigos judíos que han ayudado a deshacer rápidamente el malentendido y a restablecer la atmósfera de amistad y confianza que, como en el tiempo del Papa Juan Pablo II, también ha habido durante todo el período de mi Pontificado y, gracias a Dios, sigue habiendo.

Otro desacierto, del cual me lamento sinceramente, consiste en el hecho de que el alcance y los límites de la iniciativa del 21 de enero de 2009 no se hayan ilustrado de modo suficientemente claro en el momento de su publicación. La excomunión afecta a las personas, no a las instituciones. Una ordenación episcopal sin el mandato pontificio significa el peligro de un cisma, porque cuestiona la unidad del colegio episcopal con el Papa. Por esto, la Iglesia debe reaccionar con la sanción más dura, la excomunión, con el fin de llamar a las personas sancionadas de este modo al arrepentimiento y a la vuelta a la unidad. Por desgracia, veinte años después de la ordenación, este objetivo no se ha alcanzado todavía. La remisión de la excomunión tiende al mismo fin al que sirve la sanción: invitar una vez más a los cuatro Obispos al retorno. Este gesto era posible después de que los interesados reconocieran en línea de principio al Papa y su potestad de Pastor, a pesar de las reservas sobre la obediencia a su autoridad doctrinal y a la del Concilio. Con esto vuelvo a la distinción entre persona e institución. La remisión de la excomunión ha sido un procedimiento en el ámbito de la disciplina eclesiástica: las personas venían liberadas del peso de conciencia provocado por la sanción eclesiástica más grave. Hay que distinguir este ámbito disciplinar del ámbito doctrinal. El hecho de que la Fraternidad San Pío X no posea una posición canónica en la Iglesia, no se basa al fin y al cabo en razones disciplinares sino doctrinales. Hasta que la Fraternidad non tenga una posición canónica en la Iglesia, tampoco sus ministros ejercen ministerios legítimos en la Iglesia. Por tanto, es preciso distinguir entre el plano disciplinar, que concierne a las personas en cuanto tales, y el plano doctrinal, en el que entran en juego el ministerio y la institución. Para precisarlo una vez más: hasta que las cuestiones relativas a la doctrina no se aclaren, la Fraternidad no tiene ningún estado canónico en la Iglesia, y sus ministros, no obstante hayan sido liberados de la sanción eclesiástica, no ejercen legítimamente ministerio alguno en la Iglesia.

A la luz de esta situación, tengo la intención de asociar próximamente la Pontificia Comisión "Ecclesia Dei", institución competente desde 1988 para esas comunidades y personas que, proviniendo de la Fraternidad San Pío X o de agrupaciones similares, quieren regresar a la plena comunión con el Papa, con la Congregación para la Doctrina de la Fe. Con esto se aclara que los problemas que deben ser tratados ahora son de naturaleza esencialmente doctrinal, y se refieren sobre todo a la aceptación del Concilio Vaticano II y del magisterio postconciliar de los Papas. Los organismos colegiales con los cuales la Congregación estudia las cuestiones que se presentan (especialmente la habitual reunión de los Cardenales el miércoles y la Plenaria anual o bienal) garantizan la implicación de los Prefectos de varias Congregaciones romanas y de los representantes del Episcopado mundial en las decisiones que se hayan de tomar. No se puede congelar la autoridad magisterial de la Iglesia al año 1962, lo cual debe quedar bien claro a la Fraternidad. Pero a algunos de los que se muestran como grandes defensores del Concilio se les debe recordar también que el Vaticano II lleva consigo toda la historia doctrinal de la Iglesia. Quien quiere ser obediente al Concilio, debe aceptar la fe profesada en el curso de los siglos y no puede cortar las raíces de las que el árbol vive.

Espero, queridos Hermanos, que con esto quede claro el significado positivo, como también sus límites, de la iniciativa del 21 de enero de 2009. Sin embargo, queda ahora la cuestión: ¿Era necesaria tal iniciativa? ¿Constituía realmente una prioridad? ¿No hay cosas mucho más importantes? Ciertamente hay cosas más importantes y urgentes. Creo haber señalado las prioridades de mi Pontificado en los discursos que pronuncié en sus comienzos. Lo que dije entonces sigue siendo de manera inalterable mi línea directiva. La primera prioridad para el Sucesor de Pedro fue fijada por el Señor en el Cenáculo de manera inequívoca: "Tú… confirma a tus hermanos" (Lc 22,32). El mismo Pedro formuló de modo nuevo esta prioridad en su primera Carta: "Estad siempre prontos para dar razón de vuestra esperanza a todo el que os la pidiere" (1 Pe 3,15). En nuestro tiempo, en el que en amplias zonas de la tierra la fe está en peligro de apagarse como una llama que no encuentra ya su alimento, la prioridad que está por encima de todas es hacer presente a Dios en este mundo y abrir a los hombres el acceso a Dios. No a un dios cualquiera, sino al Dios que habló en el Sinaí; al Dios cuyo rostro reconocemos en el amor llevado hasta el extremo (cf. Jn 13,1), en Jesucristo crucificado y resucitado. El auténtico problema en este momento actual de la historia es que Dios desaparece del horizonte de los hombres y, con el apagarse de la luz que proviene de Dios, la humanidad se ve afectada por la falta de orientación, cuyos efectos destructivos se ponen cada vez más de manifiesto.

Conducir a los hombres hacia Dios, hacia el Dios que habla en la Biblia: Ésta es la prioridad suprema y fundamental de la Iglesia y del Sucesor de Pedro en este tiempo. De esto se deriva, como consecuencia lógica, que debemos tener muy presente la unidad de los creyentes. En efecto, su discordia, su contraposición interna, pone en duda la credibilidad de su hablar de Dios. Por eso, el esfuerzo con miras al testimonio común de fe de los cristianos –al ecumenismo- está incluido en la prioridad suprema. A esto se añade la necesidad de que todos los que creen en Dios busquen juntos la paz, intenten acercarse unos a otros, para caminar juntos, incluso en la diversidad de su imagen de Dios, hacia la fuente de la Luz. En esto consiste el diálogo interreligioso. Quien anuncia a Dios como Amor "hasta el extremo" debe dar testimonio del amor. Dedicarse con amor a los que sufren, rechazar el odio y la enemistad, es la dimensión social de la fe cristiana, de la que hablé en la Encíclica Deus caritas est.

Por tanto, si el compromiso laborioso por la fe, por la esperanza y el amor en el mundo es en estos momentos (y, de modos diversos, siempre) la auténtica prioridad para la Iglesia, entonces también forman parte de ella las reconciliaciones pequeñas y medianas. Que el humilde gesto de una mano tendida haya dado lugar a un revuelo tan grande, convirtiéndose precisamente así en lo contrario de una reconciliación, es un hecho del que debemos tomar nota. Pero ahora me pregunto: ¿Era y es realmente una equivocación, también en este caso, salir al encuentro del hermano que "tiene quejas contra ti" (cf. Mt 5,23s) y buscar la reconciliación? ¿Acaso la sociedad civil no debe intentar también prevenir las radicalizaciones y reintegrar a sus eventuales partidarios –en la medida de lo posible- en las grandes fuerzas que plasman la vida social, para evitar su segregación con todas sus consecuencias? ¿Puede ser totalmente desacertado el comprometerse en la disolución de las rigideces y restricciones, para dar espacio a lo que haya de positivo y recuperable para el conjunto? Yo mismo he visto en los años posteriores a 1988 cómo, mediante el regreso de comunidades separadas anteriormente de Roma, ha cambiado su clima interior; cómo el regreso a la gran y amplia Iglesia común ha hecho superar posiciones unilaterales y ablandado rigideces, de modo que luego han surgido fuerzas positivas para el conjunto. ¿Puede dejarnos totalmente indiferentes una comunidad en la cual hay 491 sacerdotes, 215 seminaristas, 6 seminarios, 88 escuelas, 2 institutos universitarios, 117 hermanos, 164 hermanas y millares de fieles? ¿Debemos realmente dejarlos tranquilamente ir a la deriva lejos de la Iglesia? Pienso por ejemplo en los 491 sacerdotes. No podemos conocer la trama de sus motivaciones. Sin embargo, creo que no se hubieran decidido por el sacerdocio si, junto a varios elementos distorsionados y enfermos, no existiera el amor por Cristo y la voluntad de anunciarlo y, con Él, al Dios vivo. ¿Podemos simplemente excluirlos, como representantes de un grupo marginal radical, de la búsqueda de la reconciliación y de la unidad? ¿Qué será de ellos luego?

Ciertamente, desde hace mucho tiempo y después una y otra vez, en esta ocasión concreta hemos escuchado de representantes de esa comunidad muchas cosas fuera de tono: soberbia y presunción, obcecaciones sobre unilateralismos, etc. Por amor a la verdad, debo añadir que he recibido también una serie de impresionantes testimonios de gratitud, en los cuales se percibía una apertura de los corazones. ¿Acaso no debe la gran Iglesia permitirse ser también generosa, siendo consciente de la envergadura que posee; en la certeza de la promesa que le ha sido confiada? ¿No debemos como buenos educadores ser capaces también de dejar de fijarnos en diversas cosas no buenas y apresurarnos a salir fuera de las estrecheces? ¿Y acaso no debemos admitir que también en el ámbito eclesial se ha dado alguna salida de tono? A veces se tiene la impresión de que nuestra sociedad tenga necesidad de un grupo al menos con el cual no tener tolerancia alguna; contra el cual pueda tranquilamente arremeter con odio. Y si alguno intenta acercársele –en este caso el Papa- también él pierde el derecho a la tolerancia y puede también ser tratado con odio, sin temor ni reservas.

Queridos Hermanos, por circunstancias fortuitas, en los días en que me vino a la mente escribir esta carta, tuve que interpretar y comentar en el Seminario Romano el texto de Ga 5,13-15. Percibí con sorpresa la inmediatez con que estas frases nos hablan del momento actual: «No una libertad para que se aproveche el egoísmo; al contrario, sed esclavos unos de otros por amor. Porque toda la ley se concentra en esta frase: "Amarás al prójimo como a ti mismo". Pero, atención: que si os mordéis y devoráis unos a otros, terminaréis por destruiros mutuamente». Siempre fui propenso a considerar esta frase como una de las exageraciones retóricas que a menudo se encuentran en San Pablo. Bajo ciertos aspectos puede ser también así. Pero desgraciadamente este "morder y devorar" existe también hoy en la Iglesia como expresión de una libertad mal interpretada. ¿Sorprende acaso que tampoco nosotros seamos mejores que los Gálatas? Que ¿quizás estemos amenazados por las mismas tentaciones? ¿Que debamos aprender nuevamente el justo uso de la libertad? ¿Y que una y otra vez debamos aprender la prioridad suprema: el amor? En el día en que hablé de esto en el Seminario Mayor, en Roma se celebraba la fiesta de la Virgen de la Confianza. En efecto, María nos enseña la confianza. Ella nos conduce al Hijo, del cual todos nosotros podemos fiarnos. Él nos guiará, incluso en tiempos turbulentos. De este modo, quisiera dar las gracias de corazón a todos los numerosos Obispos que en este tiempo me han dado pruebas conmovedoras de confianza y de afecto y, sobre todo, me han asegurado sus oraciones. Este agradecimiento sirve también para todos los fieles que en este tiempo me han dado prueba de su fidelidad intacta al Sucesor de San Pedro. El Señor nos proteja a todos nosotros y nos conduzca por la vía de la paz. Es un deseo que me brota espontáneo del corazón al comienzo de esta Cuaresma, que es un tiempo litúrgico particularmente favorable a la purificación interior y que nos invita a todos a mirar con esperanza renovada al horizonte luminoso de la Pascua.

Con una especial Bendición Apostólica me confirmo

Vuestro en el Señor
Benedictus PP. XVI
"
Fuente: Librería Editrice Vaticana
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Comentarios (2)

Mmm...
Enviado por Anónimo el Jue, 2009-03-12 14:02.

¿Habria que seguir poniendo el link de apoyo a Ratzinguer?

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¿Y entonces?

Enviado por Anónimo el Jue, 2009-03-12 14:15.

"Hay que distinguir este ámbito disciplinar del ámbito doctrinal. El hecho de que la Fraternidad San Pío X no posea una posición canónica en la Iglesia, no se basa al fin y al cabo en razones disciplinares sino doctrinales. Hasta que la Fraternidad non tenga una posición canónica en la Iglesia, tampoco sus ministros ejercen ministerios legítimos en la Iglesia. Por tanto, es preciso distinguir entre el plano disciplinar, que concierne a las personas en cuanto tales, y el plano doctrinal, en el que entran en juego el ministerio y la institución. Para precisarlo una vez más: hasta que las cuestiones relativas a la doctrina no se aclaren, la Fraternidad no tiene ningún estado canónico en la Iglesia, y sus ministros, no obstante hayan sido liberados de la sanción eclesiástica, no ejercen legítimamente ministerio alguno en la Iglesia."



¡Glup! ¿Nada de lo visto, vivido y recibido nos vale? ¿Bautismos, comuniones...?

Favor de explicar, los doctos, la diferencias entre lo que vale y lo lícito. Gracias.



Barraqueño.

Anónimo dijo...

¿Recuerdan lo del adversario de mis adversarios? Interesante la carta.

Yo aún no la he madurado.

Pero, a primera vista me pareció una especie de disculpa del Papa al colegio episcopal por el retiro de las excomuniones, y una defensa del Concilio desde su propio punto de vista, es decir resaltar que es parte de la tradición "viva" [ aún cuando en la carta no hace uso de esta expresión] de la Iglesia (el termino viva que actualmente se le antepone es precisamente para romper con ella), por lo cual no habría ruptura con el magisterio anterior al citado CVII. Ello es como querer lograr la cuadratura del círculo, como sabemos.

Como puntos valiosos: Si bien recuerda las muchas impertinencias e insolencias que ha recibido la jerarquía y el mismo Papa de parte de la FSSPX, recalca el odio de la misma jerarquía a la FSSPX, y su voluntad de procurar la unión definitiva, lo que se haría a través de la Congregación de la Doctrina de la Fe. Mas, aquí también me asalta una duda: Al recordar que en estas conversaciones y eventuales acuerdos deben tomar parte otros prefectos y el colegio muncial de obispos, ¿no se estará poniendo un inconveniente insalvable para esta unión?

Un fruto valioso: La reacción de Golias.

En mi opinión, la FSSPX debe reintegrarse canónicamente lo más pronto posible para comenzar la lucha contra el modernismo desde dentro. Hasta antes de las excomuniones el católico de a pie, que no entiende de teología ni otras profundidades, sólo por el hecho que la Roma la tildaba de cismática, se apartaba de ella. Hoy seguirá distanciado por las declaraciones de Roma en el sentido que continúa en situación irregular, y además por las declaraciones aún frescas e insensatas de Williamson.

Saludos,

Gustavo

Anónimo dijo...

♪♪♫ ¡Aguante Benedicto, Loco! ♪♪♫♪♪♫


♫♪♪ ¡Aguante Benedicto, Loco! ♫♪♪♫


¡Los Católicos de verdad te bancamos , maaaaal!

Sacate de encima la runfla gangsteril vaticana heredade de "santosúbito" y NO AFLOJES


Simón.

Anónimo dijo...

Anticlericales tradicionalistas avanzan, capitalismo global fracasa en regalar el timón a los curas perversos
........

La estrategia del Comando Anticlerical necesita discernir los sectores intraeclesiales más afines al movimiento y doctrina peronistas y más adversos al capitalismo global y su pensamiento único. El tradicionalismo de la FSSPX, en franca posición anticlerical sobre base doctrinaria, puede hacer de instrumento fundamental para la consecución de nuestros objetivos y superar el nivel de las situaciones creadas con los Baseottos y los Bergogglios. Medítese en el siguiente análisis:

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Salir al encuentro del hermano que tiene quejas contra ti: Carta a los obispos perplejos.


"¿Era y es realmente una equivocación, también en este caso, salir al encuentro del hermano que 'tiene quejas contra ti' (cf. Mt 5,23s) y buscar la reconciliación? " (se pregunta Benito XVI, en su Carta de hoy sobre la Remisiónnde la Excomunión a los Obispos de la FSSPX)


Analiza MARCELO GONZÁLEZ, de PANO:


La carta de Benedicto XVI a los obispos sobre la remisión de la excomunión a los obispos de la FSSPX es un interesantísimo documento que conviene analizar con cierta fineza, a riesgo de caer en una aceptación o un rechazo meramente emocional, tanto de parte de los sectores progresistas (quienes han manifestado ya abiertamente su prescindencia del instituto Petrino, como de parte de los defensores de la Tradición, quienes no suelen ver los progresos graduales ciertamente obsesionados por el reclamo de una definición al estilo Syllabus. Esta definición, por deseable que sea, no parece viable bajo las actuales circunstancias eclesiásticas y por la forma mentis del Santo Padre, un hombre que en muchos aspectos sostiene opiniones divergentes de la concepción tradicional.

El primer punto de análisis, sin duda, es el hecho mismo de la carta. Se puede justificar fácilmente por la envergadura del escándalo mediático vivido en las últimas semanas. Pero no es tan simple la cosa. En otro tiempo, no habría habido remisión de las excomuniones, y en caso de habérlasela intentado, se habría dado marcha atrás. Es fundamental estar ciertos de este punto: fue un acto bien pensado y deliberado del papa y su entorno de confianza. Lo sostuvo contra todo, a pesar de la concurrencia del escándalo suscitado por las declaraciones de Mons. Williamson, hecho no deseado por nadie -tampoco por Mons. Williamson- salvo por los enemigos de la Iglesia.

Ahora el Papa justifica su decisión. Los papas habitualmente no dan explicaciones sobre sus decisiones de gobierno, inclusive sobre las erróneas. Pero la mentalidad democratista de las últimas décadas ha hecho transitar caminos impensados. Más allá de esto, el papa ha puesto a la FSSPX como protagonista absoluta de los hechos, reconociéndole una importancia como a pocas congregaciones católicas se le ha reconocido en mucho tiempo.

Naturalmente, no es una carta apologética.¿Cabría esperar esto? Pero no es una carta condenatoria, sino más bien diríamos paternal y "en defensa", más allá de las necesidades y convicciones del Santo Padre sobre puntos prudenciales que trataremos de analizar a continuación.

¿Aceptación acrítica del Concilio?

"A la luz de esta situación, tengo la intención de asociar próximamente la Pontificia Comisión "Ecclesia Dei", institución competente desde 1988 para esas comunidades y personas que, proviniendo de la Fraternidad San Pío X o de agrupaciones similares, quieren regresar a la plena comunión con el Papa, con la Congregación para la Doctrina de la Fe. Con esto se aclara que los problemas que deben ser tratados ahora son de naturaleza esencialmente doctrinal, y se refieren sobre todo a la aceptación del Concilio Vaticano II y del magisterio postconciliar de los Papas. (...) No se puede congelar la autoridad magisterial de la Iglesia al año 1962, lo cual debe quedar bien claro a la Fraternidad. Pero a algunos de los que se muestran como grandes defensores del Concilio se les debe recordar también que el Vaticano II lleva consigo toda la historia doctrinal de la Iglesia. Quien quiere ser obediente al Concilio, debe aceptar la fe profesada en el curso de los siglos y no puede cortar las raíces de las que el árbol vive".

Recordemos la jerarquía de este documento: es una carta apostólica. El estilo es el característico del magisterio conciliar y posconciliar: más sugerente que definitorio. El hecho mismo del uso de la primera persona singular (yo) parece indicar el deseo de poner estas consideraciones en el plano de una opinión calificada, y no bajo la protección de la infalibilidad magisterial, que requiere otras formalidades. En este contexto, veamos un punto esencial: se reconoce que el problema es doctrinal y no disciplinario. Con lo cual cae la teoría del acuerdo práctico como solución. Esta ha sido siempre la posición de la FSSPX. En el documento del 21 de enero el Papa preveía incluir una regularización canónica. Para lo cual ofreció a la FSSPX diversas alternativas, llegando a último momento, el viernes 23 por la noche, a pedir un compromiso mínimo. La FSSPX no aceptó. Según sus autoridades, este compromiso prácticamente sin exigencias hubiera impuesto una dinámica más orientada a los acuerdos que a las definiciones doctrinales.

Así, canónicamente, la FSSPX y la Santa Sede quedan en la paradójica situación de que sus obispos están libres de toda pena canónica (remitida la excomunión cae la suspensión) pero sus sacerdotes siguen suspendidos... por seguir a sus superiores no suspendidos... Volveremos sobre el tema al hablar de la ilicitud del ejercicio del ministerio.

Cerrando este punto: el papa mismo lleva las cosas al terreno doctrinal, exigiendo a la FSSPX reconozca que no hay un "congelamiento del Magisterio" (cosa que no tiene objeción en ser reconocida, con matices sobre algunos puntos del Concilio y de la praxis posconciliar que son los que se propone discutir). En cambio se exige a los progresistas que acepten que el Concilio no puede entenderse excluyendo la historia doctrinal de la Iglesia. Esto último es inaceptable para muchos. ¿Quién queda en la situación más incómoda?

Los progresistas en estado de cisma tácito

Otra parte notable de la carta es el señalamiento del cisma tácito (por momentos expreso) que plantean los episcopados más progresistas, y que quedó en evidencia patentemente por medio de las declaraciones contrarias al papa en oportunidad de la remisión de las penas de excomunión. Afirma el papa:"Se desencadenó así una avalancha de protestas, cuya amargura mostraba heridas que se remontaban más allá de este momento". Nótese: cuya amargura mostraba heridas que se remontaban más allá del momento... más claro imposible.

Y más adelante: "Me ha entristecido el hecho de que también los católicos, que en el fondo hubieran podido saber mejor cómo están las cosas, hayan pensado deberme herir con una hostilidad dispuesta al ataque". No se refiere a los lefebvristas, como es evidente.

Negación del ejercicio lícito del ministerio

"El hecho de que la Fraternidad San Pío X no posea una posición canónica en la Iglesia, no se basa al fin y al cabo en razones disciplinares sino doctrinales. Hasta que la Fraternidad non tenga una posición canónica en la Iglesia, tampoco sus ministros ejercen ministerios legítimos en la Iglesia. Por tanto, es preciso distinguir entre el plano disciplinar, que concierne a las personas en cuanto tales, y el plano doctrinal, en el que entran en juego el ministerio y la institución. Para precisarlo una vez más: hasta que las cuestiones relativas a la doctrina no se aclaren, la Fraternidad no tiene ningún estado canónico en la Iglesia, y sus ministros, no obstante hayan sido liberados de la sanción eclesiástica, no ejercen legítimamente ministerio alguno en la Iglesia".

Ahora bien, si sus ministros han sido liberados de la sanción eclesiástica ¿qué dificultades se oponen al ejercicio lícito del ministerio? La respuesta es paradójica. Podemos adivinar el pensamiento del papa: He remitido las penas, pero esta gente no quiere que se los legalice sin antes poner en claro ciertos puntos del Concilio, etc. Les ofrezco todo por nada y lo rechazan... Ahora tienen a su jerarquía libre de toda pena y a sus subordinados bajo suspensión a divinis... contra toda lógica disciplinaria. Es evidente que no negocian para obtener ventajas, quieren ir al terreno doctrinal. Al menos así pensaría yo en lugar del papa.

Al contrario de los institutos tradicionales que llegaron a acuerdos canónicos con la Santa Sede, la FSSPX quiere una aclaración doctrinal. En eso no transige, ni aún cuando haya quedado bajo las iras de las potestades civiles amenazando sus obras apostólicas, lo cual se sanaría fácilmente con el reconocimiento de la Iglesia. Reconocimiento que ya está redactado en varias versiones, una más benigna que la otra. Evidentemente la FSSPX plantea su lucha en el plano doctrinal y solo doctrinal.

En esta perspectiva, se hace muy difícil establecer la ilicitud del ejercicio del ministerio apostólico, porque es evidente que subsiste un estado de necesidad. ¿Qué hace la FSSPX con sus miles de sacerdotes, religiosos, y fieles, con los miembros de institutos asociados mientras se procede a la discusión doctrinal? ¿Dejarlos en el desamparo espiritual? Nada sería más contrario a la ley suprema de la Iglesia: la salvación de las almas, que es la que inspira toda disposición canónica lícita. Esto el papa lo sabe, porque es esencial a su oficio de Pastor Universal.

La cuestión es doctrinal, por lo tanto se toman medidas

A lo dicho se puede sumar la decisión del papa de incorporar Ecclesia Dei bajo la órbita de Doctrina de la Fe. No sabemos exactamente como, aunque lo lógico sería que Ecclesia Dei pasara a formar parte de la Congregación del Clero o de los Obispos. Así lo anuncia el papa:

"A la luz de esta situación, tengo la intención de asociar próximamente la Pontificia Comisión "Ecclesia Dei", institución competente desde 1988 para esas comunidades y personas que, proviniendo de la Fraternidad San Pío X o de agrupaciones similares, quieren regresar a la plena comunión con el Papa, con la Congregación para la Doctrina de la Fe. Con esto se aclara que los problemas que deben ser tratados ahora son de naturaleza esencialmente doctrinal, y se refieren sobre todo a la aceptación del Concilio Vaticano II y del magisterio postconciliar de los Papas".

Doble lectura: les impondremos el Concilio. Segunda, discutiremos sus objeciones sobre el Concilio. En la más alta instancia: Doctrina de la Fe, cuyo titular nato es el propio Sumo Pontífice. Los hechos dirán...

Afirmación de que el concilio tiene toda la historia de la Iglesia en sí

"Pero a algunos de los que se muestran como grandes defensores del Concilio se les debe recordar también que el Vaticano II lleva consigo toda la historia doctrinal de la Iglesia. Quien quiere ser obediente al Concilio, debe aceptar la fe profesada en el curso de los siglos y no puede cortar las raíces de las que el árbol vive".

Este enunciado es un eco de la "hermenéutica de la continuidad". El papa hoy (tal vez no Ratzinger hace algunos años) no concibe que el Concilio Vaticano II pueda contradecir la historia doctrinal de la Iglesia, la fe profesada en el curso de los siglos. Esto puede tener una resolución no satisfactoria si se siguen los criterios neomodernistas que ignoran el principio de no contradicción. Pero es evidente que plantea un desafío muy claro a las desviaciones del llamado "espíritu del Concilio" y a la letra de varios de los documentos conciliares. El mayor problema del CVII es su ambigüedad. Definidos los puntos imposibles de leer de un modo tradicional, el resto es tan farragoso como desconocido. Además de que en la práctica ha caído en desuetudo. Todos lo citan, nadie lo lee, nadie lo aplica. Lo importante es la praxis de aquí en más, sobre la base clara de este saneamiento doctrinal absolutamente necesario.

Paraguas protector a la FSSPX

"Que el humilde gesto de una mano tendida haya dado lugar a un revuelo tan grande, convirtiéndose precisamente así en lo contrario de una reconciliación, es un hecho del que debemos tomar nota. Pero ahora me pregunto: ¿Era y es realmente una equivocación, también en este caso, salir al encuentro del hermano que "tiene quejas contra ti" (cf. Mt 5,23s) y buscar la reconciliación? ¿Acaso la sociedad civil no debe intentar también prevenir las radicalizaciones y reintegrar a sus eventuales partidarios –en la medida de lo posible- en las grandes fuerzas que plasman la vida social, para evitar su segregación con todas sus consecuencias?"

El hermano que tiene quejas contra ti... La frase es fuerte. Hay una admisión implícita de la legitimidad de esas quejas. Y también esta otra que aparece más adelante:

"A veces se tiene la impresión de que nuestra sociedad tenga necesidad de un grupo al menos con el cual no tener tolerancia alguna; contra el cual pueda tranquilamente arremeter con odio. Y si alguno intenta acercársele –en este caso el Papa- también él pierde el derecho a la tolerancia y puede también ser tratado con odio, sin temor ni reservas".

¿No es esto un paraguas protector del Santo Padre a la FSSPX?

Reconocimiento del valor de la FSSPX

"¿Puede dejarnos totalmente indiferentes una comunidad en la cual hay 491 sacerdotes, 215 seminaristas, 6 seminarios, 88 escuelas, 2 institutos universitarios, 117 hermanos, 164 hermanas y millares de fieles? ¿Debemos realmente dejarlos tranquilamente ir a la deriva lejos de la Iglesia? Pienso por ejemplo en los 491 sacerdotes. No podemos conocer la trama de sus motivaciones. Sin embargo, creo que no se hubieran decidido por el sacerdocio si, junto a varios elementos distorsionados y enfermos, no existiera el amor por Cristo y la voluntad de anunciarlo y, con Él, al Dios vivo. ¿Podemos simplemente excluirlos, como representantes de un grupo marginal radical, de la búsqueda de la reconciliación y de la unidad? ¿Qué será de ellos luego?"

Además de una solicitud paternal desconocida hasta ahora en la relación FSSPX - Santa Sede, el papa pone en evidencia el valor de esos sacerdotes que han dado el paso de aceptar sanciones canónicas y una exclusión, una suerte de "muerte eclesiástica" como miembros de la Iglesia en razón de sus convicciones. Puede haber elementos distorsionados o enfermos, de hecho los hay en algunos pocos. Pero el resto es válido y valioso.

Críticas al tono de algunos miembros de la FSSPX y a los progres

El Papa se queja de haber sido maltratado algunos miembros de la FSSPX. Pero agradece también testimonios de gratitud.

"Ciertamente, desde hace mucho tiempo y después una y otra vez, en esta ocasión concreta hemos escuchado de representantes de esa comunidad muchas cosas fuera de tono: soberbia y presunción, obcecaciones sobre unilateralismos, etc. Por amor a la verdad, debo añadir que he recibido también una serie de impresionantes testimonios de gratitud, en los cuales se percibía una apertura de los corazones. ¿Acaso no debe la gran Iglesia permitirse ser también generosa, siendo consciente de la envergadura que posee; en la certeza de la promesa que le ha sido confiada? ¿No debemos como buenos educadores ser capaces también de dejar de fijarnos en diversas cosas no buenas y apresurarnos a salir fuera de las estrecheces?

Pero no todo viene por el lado de los tradicionalistas:

¿Y acaso no debemos admitir que también en el ámbito eclesial se ha dado alguna salida de tono?

Más que alguna, por cierto. La mesura es el tono del lenguaje romano.

Concluyendo: si se lee esta carta con buen espíritu, no se puede menos que concluir que el papa actúa con recta intención, según su leal saber y comprometiendo su autoridad y su prestigio en bien de la FSSPX. Ahora bien, algunos pueden disentir sobre cuál sea el "bien" práctico. En este terreno corremos el riesgo de quedar eternamente empantanados. Oración, sacrificios y confianza en las autoridades es el único camino. Lo demás es vía muerta...

MariLú dijo...

Cuantos comentarios aburridos...
Yo me libere cuando me separe!!!! y al koinor se lo revolie por la cabeza al quetejedi!!!

Vamos Gines, volve, 2º diputado nacional por el Frente Justicialista para la Victoria!!!!

Anónimo dijo...

GINES, es la primera vez que me animo a participar. Gracias por mantener esto. Es el mejor blog para trabajar el tema, por el nivel intelectual de los comentarios, la amplitud de perspectivas, y mostrar directamente las fracturas y divisiones del clericalismo. Me gusta mucho y lo sigo siempre. Para mí fue una revelacion lo de que anmticlerical no significa anticatolico y que tenemos muchos aliados anticlericales entre los religiosos. También los comentarios filosóficos. Es lo que tiene que ser el blog de un SEÑOR DIPUTADO NACIONAL.

Sos un ejemplo de cultura y de capacidad. Gracias muchas gracias.

Susana

solsiyonka dijo...

Acabo de conocer este blog, es muy interesante. Pero algo me ha llamado inquietantemente la atención.
¿Por qué carajo hay tantos comentarios de fanáticos religiosos y/o justicieros sociales?
¿Es que ellos no crean blogs para hablar de su fanatismo?
Yo, por ejemplo, no visitaría ni siquiera un blog de estos. Pero estos pasan y comentan varias veces..
estoy intrigado.

Anónimo dijo...

Solsiyonka, ¿no sos vos un fanático religioso?

Estoy intrigado. ¿La antirreligión no puede ser religiosa? Mirá las tribus urbanas, los boludos del culto al terror, los actos sexuales con esqueletos y muñecos pintados de exquisito cadáver, tanta sobrecompensación del terror a la muerte...

La cuestión es que la explotación más extrema, ese capitalismo obsceno que los peronistas ni podemos ver, ahora utiliza los sinceros militantes de la transformación para eliminar a los que defienden a cada individuo con base en las ideas cristianas de su valor. No sé si te das cuenta de la articulación.

El anticlericalismo en bloque sirvió para la revolución francesa y hasta cincuenta o sesenta años atrás. Ahora le sirve a la dominación global.
Acá se comentó eso en varias páginas anteriores.

Entonces no podemos ser boludos y caer en esa. Como entre los religiosos hay sectores que defienden lo mismo podemos llegar a ayudarnos; después se verá si la alianza es táctica o estratégica.

Lo único seguro es qye el trabajo en buen nivel intelectual no se hace en blaco y negro, o reduciendo la política a un Boca-River.

Anónimo dijo...

Solsiyonka, tenés que leer más a Foucault. Fijate en la noticia que sigue, que es de hoy. Este es el ambiente que tenemos que laburar capilarmente:

Palestinian Archbishop Tells Benedict-Ratzinger to Stay Away from the Holy Land

Christians There Believe that Newvatican Has Become a "Plaything of Jewish Intrigues"

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Archbishop Theodosius of Sebaste in Palestine
Tells Benedict-Ratzinger to Stay Away from the Holy Land
As He Has Accepted Jewish Superiority over Christendom
And Has Accepted the "Holocaust" as an Object of Worship"
His Own Newchurchers Have Sent Him a Secret Letter Not to Come

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Benedict-Ratzinger has been told to stay away from the Holy City of Jerusalem by Archbishop Theodosius of Sebaste, the highest-ranking native Palestinian Christian clergyman in Jerusalem. Benedict-Ratzinger proposes to go to Jerusalem in May 2009. Archbishop Theodosius says that Benedict-Ratzinger has become too preoccupied with Jews and that he needs to show solidarity with Christians first. The Galilean-born archbishop is a citizen of Israel, but an outspoken critic of Jewish excesses.

Many Christians in the Holy Land feel that Newvatican has become a plaything of Jewish intrigues and has accepted Jewish superiority over Christendom, with the acceptance of the "holocaust" as an "object of worship." Christians are asking: why does Benedict-Ratzinger spend so much effort trying to woo and please the Jews? They decry his visit to the "holocaust" museum in Jerusalem, which includes a defamation of his predecessor, Pope Pius XII, in an exhibit there, which the Jews have refused to remove.

solsiyonka dijo...

J.L, mis disculpas, me he expresado mal. No me hice entender bien.

Lo que dije hacía referencias al anónimo, y ahora releyendo me doy cuenta que era una misma persona(pensé que eran varios), quien se esforzó por discutir todo comentario escrito previamente. A eso me refería con lo del justiciero.
Lo del fanático religioso sólo hacía referencia al que comentó sobre el padre Grassi.

Mis disculpas, he prejuzgado y apresuradamente metí a todos en la misma bolsa sólo por un par de comentarios.

Entiendo lo que explicas al decir que la antirreligión puede ser religiosa. Es algo muy cierto lo que decís, pero insisto; soy yo el que me he expresado mal.

No me interesa generar ninguna polémica, ni hacerme el transgresor; pero veo que mi comentario anterior ha generado eso.

He prejuzgado, y probablemente me prejuzgaron por lo anteriormente dicho. Mis disculpas.

Anónimo dijo...

Habla muy bien de vos tu carta, Solsiyonka; podés ayudarnos a entender. Como el mundo no es blanco y negro y hay trampa por todos lados, los líderes sirven - si ayudan a penetrar la niebla, no si te tapan los ojos. Ginés es de lo primeros, por eso lo respaldamos.

Por lo demás, tratamos de pensar, creo que todos o casi todos los que nos leemos acá.

Por ejemplo, Solsiyonka, ¿cómo leemos la copnvocatoria de Lugo esta semana pasada? ¿Es adversa o es favorable? ¿Atrás de eso, quién está? ¿El que maneja los hilos de Ratzinger o los hilos del "socialista" Obama?

Te comento lo que dice el presbítero Sanahuja, para que no tengas dudas al leer la noticia. Pero lo que importa no es Sanahuja, ni siquiera hacer bromas con su nombre como si nada serio hubiera atrás para pensar. Lo que importa es lograr una lectura profunda, con la lentitud y enfoques de la conducción de guerra, con criterio y no con chispeantes salidas o slogans que nos di-viertan o hagan perder el foco:

"El 11 de marzo comenzó en Asunción (Paraguay) la primera reunión del llamado “MERCOSUR religioso”, convocada por el presidente Fernando Lugo, en la que las estrellas invitadas son los brasileños Leonardo Boff (vid. NG 808, 809, 891) a quien Lugo considera su padre espiritual, y Carlos Alberto Libanio Christo, conocido como “Frei Betto”, ambos ideólogos de la Teología de la Liberación. La reunión concluirá el 13 de marzo.

Fernando Lugo (obispo católico reducido al estado laical), lanzó su propuesta en febrero pasado en el Foro Social Mundial (Belem do Pará, Brasil), el mismo ámbito en el que el presidente de Bolivia, Evo Morales, llamó a constituir “otra fe, otra religión, otra iglesia” (vid. NG 958). Lugo (vid. NG 941, 958), aprovechando su período como presidente del MERCOSUR, convocó al neomarxista Consejo Latinoamericano de Iglesias (CLAI) para que coordinara los encuentros que se realizarán en Argentina, Brasil, Uruguay y Paraguay. Según algunos cronistas de temas religiosos, Lugo intenta, así, levantar la bandera de una Teología de la Liberación renovada con un mensaje eco-indigenista, más demoledor para la Iglesia Católica que su antiguo objetivo de promover la lucha armada.

El secretario regional del Consejo Latinoamericano de Iglesias (CLAI) es el pastor Juan Gattinoni, quien intervino en la inauguración de la reunión junto a Lugo, su vicecanciller Jorge Lara Castro y al viceministro de Culto, Hugo Brítez.

Institucionalizar el marxismo a través de la religión


El siguiente paso será llevar las propuestas religiosas consensuadas a la cumbre de jefes de Estado prevista para junio próximo en Asunción, porque son los presidentes y cancilleres quienes deben institucionalizarlas, aclaró el sociólogo argentino Fortunato Mallimaci, el mismo que en abril de 2007 declarara que “es posible crear una cultura en la que los obispos no decidan qué hacer en la vida pública o en la cama”, en la presentación del libro Cristo Vence de Horacio Verbitsky, en la que intervino junto a Felipe Pigna, (Página 12, 30-04-07).

Participantes y temas


Junto a quienes se dicen católicos, figuran entre los invitados, la Asociación de Iglesias Evangélicas, Asociación de Pastores CIPAE (Comité de Iglesias para Ayuda de Emergencias), Día Mundial de Oración, Centro Regional de Asesorías y Servicios, Iglesia Anglicana, Iglesia Discípulos de Cristo, Iglesia Evangélica Metodista, Iglesia Menonita, Iglesia Bautista, Asamblea de Dios, Asociación de Iglesias, Centro de Adoración Familiar; Comunidad Indígena Mbya, su chamán y notables de la comunidad; Comunidad Indígena Pãi Tavyterã, su chamán, notables de la comunidad; Comunidad Indígena Ava Guaraní, su chamán, notables de la comunidad; Fe Baha’i (vid. NG 338, 808). También estarán la Iglesia Evangélica del Río de la Plata, la Iglesia Ortodoxa, Budistas, el CLAI, la Comunidad Judía y los Musulmanes, (vid. NG 850)

En el temario destacan algunos temas, antiguas aspiraciones masónicas: Ley de culto, relación con el Estado, es decir, entre otras cosas, igualitarismo religioso anticatólico e intromisión del Estado en las cuestiones internas de los cultos, convirtiéndose en el árbitro de la disciplina eclesiástica. Ciudadanía religiosa, rol de las religiones en el marco socio político, es decir, la religión convertida en arma de control político, instrumento para imponer el pensamiento único. Defensa del medio ambiente desde la perspectiva de la Fe, es decir, los contenidos panteístas de la prédica de Boff: “La especie humana, está condenada a hacer lo que hace porque es un parásito de la tierra” (...) “Es mucho mejor para la Tierra que desaparezca ese cáncer. La Tierra puede seguir tranquila desarrollando otra forma de vida. La infraestructura biológica, candidata a sucedernos, es portadora de espiritualidad”. (....) “Las religiones abrahámicas son las más violentas, porque se creen portadoras de la verdad, como el Papa en Ratisbona. Lo necesario es la espiritualidad, no los credos y las doctrinas”, (cfr. NG 808). FIN, 12-03-09 "

¿Cómo lo leés vos, Solsiyonka? ¿Cómo te movilizarías?

Anónimo dijo...

Me parece muy ilustrativa para nosotros esta intervención de hoy de un ortodoxo en el blog de Williamson ("Católico" con mayúscula para él quiere decir katolikós, aplicado desde el hesicasmo):


"Polémico Peregrino:

Mi carta a ti es de un profundo interés sociológico. No soy católico romano, pero como si soy Católico ( después te cuento) y pasaba por acá, me paré a ver este debate entre latinos (ya habrás adivinado, soy ortodoxo) y me llené de ganas de interrogarte.

¿Porque estás tan caliente con los tradicionalistas católicos? Es tu propia gente, y tu propio pasado, ¿no tendrías que tener más respeto por lo que hicieron los que te precedieron en el camino de tu iglesia? Nosotros los ortodoxos tenemos muchos motivos para reprochar a los cismáticos latinos (si, a los tuyos, no te hagas el distraído, no digás fuero ellos, los de antes y menos agregues ahora somos buenitos), pero, en este caso, vengo en su auxilio, me da pena lo que pasa en la iglesia de occidente, nomás porque es de mal nacido no auxiliar a los hermanos (aún errados), cuando se insulta a los Padres, y la Tradición son los Padres.

Ah, veo, no te gustan porque te mordieron el trasero alguna vez. Es un problema personal tuyo peregrino, lamento en el alma tu mordida. Pero te digo la verdad, a las iglesias de los católicos de hoy en día no puedo ni entrar, me da asco su sabor protestante, vos que hablás tanto de Lutero y de Calvino.

Vos les decís protestantes a estos pibes, porque se retoban contra el Papa, cuando el Papa les manda tirar por la borda 2.000 años de Tradición. Nosotros los ortodoxos lo mandamos al diablo hace mil años, por la misma razón, aunque la verdad, aquello comparado con esto es un juego de niñitos.

Vos le decís fariseos a estos pibes, porque todavía respetan sus templos, se arrodillan para comulgar, y todas esas cosas. Tu mamá, tu abuela, y tus ancestros hacían lo mismo. No respetas ni a tus abuelos? O no tuviste? O eran no cristianos? O eran protestantes?

Perdoname que te diga, peregrino, acá el único hipócrita sos vos, me hiciste calentar, y te voy a explicar por que, grandísimo pillo.

Vos venís a decirles a estos pibes, los tradicionalistas, (si, son pibes, fijate las edades que acusan, cuando fue el Conciliábulo ese que te tiene tan contento, ellos ni habían nacido, y vos seguro ya eras pelado), digo, vos les venís a decir que desobedecen al Papa y a los obispos, y los modernistas y ecumenistas como vos fueron expresamente condenados por los Papas anteriores a estos últimos reinantes.

Conste que como ortodoxo, (que lo fuí desde el bautismo, lo mismo mis padres y abuelos) no creo en la infabilidad del Papa, ni en su autoridad universal, pero veo que es conforme a la tradición lo que enseñaban al respecto Pio IX, Pio X, Pio XII, Gregorio XVI, Benedicto XIV, por lo menos en todo aquello que era común a la Fe Ortodoxa.

También veo que sos un tremendo cretino, porque te apoderás de los argumentos de autoridad de la vieja iglesia latina, para usarlos en contra de sus actuales defensores. Te hacés el vivo, y les mandás citas en latín, cosa que delata que alguna vez conociste algo de la lengua litúrgica de tu iglesia.

No te da verguenza ser tan hipócrita, fariseo y falso? Tipos como vos. llevaron el liberalismo, y el comunismo a la Madre Patria de mis ancestros, la Santa Rusia. Decían que eran buenos cristianos, y venían a demoler el país. Tipos como vos, vienen hoy, y abren templos católicos romanos, en Rusia, con sus rituales protestantizados, y sus doctrinas disolventes, relativistas, e inmorales, para alejar a mi gente de la verdadera Iglesia Ortodoxa, arruinar a la nación, y esparcir sus malditos errores. Que gran razón tenía el finado Patriarca Alexei II, cuando no aceptó recibir a tu Papa modernista, el polaco ese, perdoname mi calentura, pero tengo razón, porque no abren sus iglesias protestantizadas en China?, a ver si los dejan.

Bueno, dije que venía a mostrar mi solidaridad con los católicos tradicionalistas, porque me caen simpáticos, pero creo que por calentón, los debo haber ofendido a todos, disculpenmé. Espero que el Peregrino, que se dice que es muy tolerante, ecuménico y buena onda, lo demuestre, y me conteste explicándome sus contradicciones.

Si alguno quiere decirme algo que venga a mi mail: elkosacalentonderacing@live.com.ar se aceptan sugerencias y buenos targos de Vodka."

solsiyonka dijo...

La covocatoria de Lugo no es más que un disfraz, pretende ofrecer una renovación religiosa que no hará más que perpetrar el dominio de la iglesia católica.

La misma iglesia sabe cómo se está perdiendo su credibilidad, así que sólo fingen que esta convocatoria es algo en su contra para crear una nueva extensión de su poder y recuperar fieles.

espero haber ayudado a pensar. Saludos

Anónimo dijo...

Quiero participar otra vez, para decir que, por mi parte, estoy intrigada.

Me parece -nada más que me parece- que en lo que hace Lugo no están fingiendo. Fijensé que las antropologías son completamente diferentes.

Todos los convocados por Lugo según la lista de Sanahuja disuelven al individuo en otra cosa. No hay ni una sola excepción: en su idea de persona todos sostienen una antropología gnósticista. Eso sabemos que no podría llegar a admitirlo nunca la llamada tradición apostólica.

Por eso creo que habría que obrar como cuña ahí, tomando respaldo en los tradicionales + ortodoxos. Sobre todo si, como dijo Tony en otros comentarios, Ginés debe/quiere preservar la ventaja exclusiva de la aparición de la virgen donde él jugaba de chico y jugarse a presi o vice en la primer de cambio.

Les paso la homilía que el domingo pronunció Galarreta al asumir en sustitución de Williamson: "Estamos dispuestos a una confrontación doctrinal con Roma." Es un discurso importantísimo y muy delicado para hacerle hermeneusis. El mp3 está en

http://panodigital.com/sites/panodigital.com/files/descargas/stream/2009-03-15-SermonGalarreta.mp3

Y, seguramente conociendo ese pronunciamiento, el papa formuló hoy un importantísimo discurso sobre el sacerdocio ministerial. Ha anunciado un "Año Sacerdotal" que se celebrará desde el 19 de junio de este año hasta el 19 de junio de 2010.

El texto está en sitios católicos tradicionales y progresistas, yo lo saqué vigilando "La buhardilla de Jerénimo", en http://la-buhardilla-de-jeronimo.blogspot.com/

La cosa cayó muy mal entre los tradicionales. Entresaco y copio acá lo más interesante de algunos comentarios tradicionalistas de hoy. Por ejemplo, un "ex-nacionalista" dice:

"El nefasto sedevacantismo para nada ha servido, sino para alimentar el ego y el cisma en quienes lo padecen. Y aumentar el espíritu de contradicción. Mucho daño han hecho los enemigos de la Iglesia en este tiempo, sobre todo en torno a las manifestaciones del Obispo Williamson. Pero mucha leña, atizando el fuego, ha venido de los sedevacantistas empecinados -como tantos que se expresan en Radio Cristiandad- difamando a la Fraternidad, a sus cuatro Obispos, y cubriendo de insultos a cuanto católico de cuño tradicionalista dice sencillamente estar convencido que Benedicto XVI es el Papa. Oremus pro Pontifice nostro!
"

Otro le contesta (y esto nos sirve, porque la antropología gnóstica es la que mejor describe al grupo de Lugo):

"Lea el sermón de las ordenaciones sacerdotales de junio de 2002. Mons. Tissier (FSSPX) dice que la religión de Ratzinger es "pura gnosis" (7 de Febrero de 2009). Se trata de una reciente declaración del papa Ratzinger con la Comisión Teológica Internacional: (cita): La Misa es válida, incluso sin las palabras de la Consagración! Entonces, ¿para qué un sacerdote? “ De hecho, los cristianos podemos celebrar la Misa, el sacerdote hace muy poco para nada, ya no es necesario pronunciar las palabras de la Consagración de la Misa sea válida ". (fin de la cita)“ "Esta nueva religión no es así otra cosa, queridos fieles, que una gnosis. C’est une religion purement intellectualiste, “ Creo que gnosis es la palabra que la caracteriza perfectamente, ya que es una religión sin pecado, sin justicia, sin misericordia, sin penitencia, sin conversión, sin la virtud, sin sacrificio, sin esfuerzo, sino simplemente una toma de conciencia. Se trata de una religión puramente intelectual, es pura gnosis ". "Así, muy queridos sacerdotes y futuros diáconos, tengan la seguridad de que no voy a guiarlos fin de que ustedes, diáconos o sacerdotes, sean los diáconos y sacerdotes de esa religión gnóstica. Y yo estoy convencido también de que han venido a recibir hoy el sacerdocio y diaconado católico de las manos de la Iglesia Católica, no a recibir un sacerdocio gnósticista de las manos de no sé qué sistema gnóstico. ” Rechazacemos con horror, queridos fieles y caros ordinandos, esa religión naturalista, intelectualista, que no tiene nada que ver con la religión católica, y por nuestro sacerdocio seamos cada vez más firmes, por el contrario, en la convicción de la razón de nuestra lucha".

Infórmese BIEN. ex-nacionalista, pa no quedar embretao en estoj'entuertos. “¿Cuántos caminos llevan a Dios? Tantos como seres humanos hay”."

Por otro lado, hay acuerdo y en las cúpulas clericales no hay voces opuestas a lo que informaron el domingo las agencias: "Reuters: el portavoz del Vaticano – el P. Federico Lombardi- explicó la posición de la delegación de la Santa Sede en la ONU, sobre despenalizar la sodomía. Dijo que “el Vaticano pidió el viernes a todos los gobiernos del mundo que despenalicen la homosexualidad” y que "la Santa Sede sigue defendiendo que cualquier signo de injusta discriminación hacia las personas homosexuales debe ser evitado y urge a los Estados a suprimir los castigos penales contra ellos"
Saludos,
Susana (prof. de Filosofía)

Anónimo dijo...

Camarada Ginés
¡Qué macana! Más las humillan y las limitan y más van a misa.
Bueno. No calienta. Si los hechos están en contra nuestro, peor para ellos.

Camarada Vladimir Illich

Anónimo dijo...

y Vladimir debe ser que en Rusia la humillacion aumenta el deseo de rezar.


Camarada Nadia

anonymously dijo...

en las iglesias protestantes y luteranas no hay tal cuestión. las minas pueden ser "sacerdotas", tener "parroquias" a cargo, dar "misa", y cobrar por ello.
y los mandamientos, heeerrrmanoooos, jusús los derogó, ¿o ya se olvidaron?
´chísss...

anonymously dijo...

igual me quedo con los tercermundistas.